Tesi di: Silvia Maiocchi
“La traduzione non è repressione, ma è il cuore di ogni pratica democratica del desiderio.”
Sin da quando ero piccola ho sempre avuto un grande interesse per le lingue straniere e sono sempre stata incuriosita da mondi e linguaggi completamente diversi dal mio. Ma non per tutti è così.
La diversità, nel corso degli anni, è stata molte volte motivo di conflitto, ma credo che, grazie a figure come interpreti e traduttori, siano stati fatti molti passi avanti per appianare divergenze e per permettere a tutti di comprendere culture e lingue completamente diverse tra loro.
Con il lavoro di interpreti e traduttori abbiamo avuto la possibilità di conoscere nuove storie, nuove tradizioni e nuove scoperte, ma soprattutto abbiamo avuto la possibilità di metterci in contatto gli uni con gli altri creando forti legami.
Per questo motivo, quando è arrivato il momento di scegliere l’argomento della tesi ho pensato principalmente alla professione del traduttore e, in modo particolare, all’importanza che ha ricoperto in periodi storici caratterizzati da odio, violenza, ignoranza e privazione di libertà.
Ma cosa significa essere traduttori? E cosa significa la parola “tradurre”?
Come tutti ormai sappiamo il traduttore lavora con testi scritti e si occupa di trasporre in un’altra lingua il contenuto di un testo per facilitarne la comprensione a chi non conosce la lingua.
Ho sempre trovato questa figura professionale tanto interessante quanto essenziale. Perciò, è proprio attraverso questa tesi, che vorrei approfondire tutto ciò che concerne il ruolo di questi professionisti durante alcuni dei regimi più violenti e repressivi della nostra storia.
Parlerò, infatti, del modo in cui “grandi” capi di stato, come Benito Mussolini, Francisco Franco e Adolf Hitler, abbiano interagito in molti lavori di traduzione, limitando così la libertà dei traduttori e impedendo ai cittadini di godere di un diritto umano fondamentale: la libertà d’informazione.
In questo scritto mi concentrerò sull’eccessiva censura del regime franchista, che impose molti limiti ai traduttori portando la Spagna a rimanere trent’anni indietro rispetto agli altri Paesi europei; su come Mussolini si sia avvalso della traduzione come strumento di trasformazione culturale e ideologica e su come dovessero operare i traduttori durante la dittatura di Hitler.
Ecco perché, a volte, e soprattutto in casi come questi “Tradurre è tradire” e, purtroppo, non c’è possibilità di scelta.
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