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La ritraduzione de Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

Mediazione Linguistica
  • 04 Jan 2024

Tesi di: Alessia Rizzetti

Nel 2021, la casa editrice Mondadori ha ripubblicato, in una nuova traduzione, il classico e capolavoro della letteratura americana che valse a Ernest Hemingway il premio Pulitzer nel 1953 e il premio Nobel per la letteratura nel 1954, Il vecchio e il mare. La nuova traduzione, affidata a Silvia Pareschi – già traduttrice di Jonathan Franzen, Don DeLillo e di altri grandi autori della letteratura americana – si affianca alla celeberrima traduzione italiana a opera di Fernanda Pivano e risalente al 1952.

Definita da Seán Hemingway come «la storia di pesca più grandiosa di tutti i tempi» – ancor più grandiosa di quella narrata nel Moby-Dick di Herman Melville – Il vecchio e il mare racconta di Santiago, anziano pescatore cubano, solo ed emaciato, flagellato da una sfortuna tanto nera che è da quasi tre mesi che non riesce a prendere un pesce, finché un giorno non decide di spingersi più al largo delle altre barche e pescare il pesce più grande che si sia mai visto: uno splendido e tenace esemplare di marlin che tiene Santiago impegnato nella sua cattura per ben tre giorni, fra l’arsura, i crampi e i morsi della fame. Finalmente arpionato il pesce, Santiago ne lega la coda e la spada allo scafo e si rimette sulla rotta verso casa. Ma gli squali, attirati dal sangue della preda appena catturata, non tardano ad attaccare il marlin. Santiago lotta senza risparmiarsi ma, assalto dopo assalto, quando rientra in porto con la sua barchetta, oramai il pesce non è che ridotto a una lisca.

Scritto nel 1951 e pubblicato sulla rivista statunitense Life nel 1952, fu a Fernanda Pivano che, nello stesso anno, venne affidata la traduzione italiana de Il vecchio e il mare. Fernanda Pivano è stata colei che per prima ha portato al pubblico italiano i grandi capolavori della letteratura americana, muovendo i suoi primi passi nel mondo della traduzione già durante gli anni di liceo, sotto la guida del suo professore, e poi amico, Cesare Pavese. Prima di tradurre Il vecchio e il mare, Fernanda Pivano aveva già tradotto di Ernest Hemingway Morte nel pomeriggio e Addio alle armi, traduzione, quest’ultima, per la quale Fernanda Pivano venne arrestata – A Farewell to Arms era stato «superproibito» dal regime fascista – e a seguito della quale è nata la profonda amicizia e assidua collaborazione tra Ernest Hemingway e la traduttrice.

Quando Fernanda Pivano gli mandò in visione la sua traduzione italiana de Il vecchio e il mare, Ernest Hemingway le rispose così: «Grazie della tua lettera e del tuo bel lavoro di traduzione. Non so che cosa farei senza di te. Sai come chiunque lavori seriamente detesti di venire mal tradotto… In italiano ho sempre te come un’ancora […] Sono lieto che il libro piaccia in Italia. Ma se piace so quanto devo a te e per favore sappi sempre che lo so…». Perché, dunque, ritradurre Il vecchio e il mare?

Ancora poco studiata e codificata da un punto di vista teorico, la necessità di ritradurre un testo letterario può scaturire da molteplici ragioni: innanzitutto, le traduzioni invecchiano e – a differenza delle opere originali – ‘invecchiano male’. Eh già, perché agli originali è riconosciuta quell’unicità che le traduzioni chiaramente non possiedono, in quanto infinite le possibilità di resa di un dato testo letterario. Pertanto, la lingua delle traduzioni ha bisogno di essere di tanto in tanto aggiornata – ogni cento anni sosteneva il traduttore John Michael Cohen; ogni venti secondo l’editore francese Ivan Nabokov. Molte altre ancora possono essere, poi, le ragioni che spingono alla ritraduzione di un’opera, per esempio rettificare eventuali errori interpretativi, o ancora colmare le omissioni e correggere le modifiche dovute alle ragioni più diverse.

O ancora, in accordo con l’«hypotèse de la retraduction», per ripristinare la giusta aderenza al testo originale, un punto, quest’ultimo, ripreso da Antoine Berman sulla base della visione ciclica delle traduzioni proposta da Goethe, secondo cui ogni ritraduzione segna un passaggio nel «movimento progressivo […] verso il testo originale». Infine, si può ritradurre per «riscoprire un rapporto diretto con il testo originale», come, ad esempio, nel caso delle «traduzioni relais» o delle «traduzioni di una traduzione». Senza contare che elementi quali la recente professionalizzazione e la formazione specifica e specializzata dei traduttori nonché i nuovi strumenti di lavoro in loro possesso, forniscono, a chi si cimenta oggigiorno nella traduzione, un notevole vantaggio rispetto al passato8. È in questo contesto che si inserisce anche la ritraduzione de Il vecchio e il mare di Silvia Pareschi.

Alla luce delle teorizzazioni sulla ritraduzione e facendo riferimento ad esse come punto di partenza per l’indagine, la mia tesi di laurea magistrale in Traduzione specialistica vuole studiare in che modo la nuova traduzione italiana de Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway si affianchi a quella già esistente nel percorso tracciato dalla ipotesi della ritraduzione, definendo, infine, i meriti della nuova traduzione del 2021 rispetto all’opera già consegnataci da colei che è stata appellata ‘la ragazza che ha scoperto l’America’.

Il lavoro sarà articolato in tre capitoli così organizzati:
i. il primo capitolo è dedicato alla presentazione delle due traduttrici.
Di Fernanda Pivano, che non è stata solo traduttrice ma anche autrice di innumerevoli saggi di letteratura sui suoi ‘amici scrittori americani’ e che ha fatto della personale conoscenza degli scrittori da lei tradotti un elemento centrale del suo lavoro di traduttrice, ho voluto tracciare una biografia ripercorrendone la carriera di traduttrice attraverso gli autori da lei tradotti, passando per Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, Allen Ginsberg, ecc.
Silvia Pareschi si è già affermata in Italia quale punto di riferimento contemporaneo per la traduzione (e ritraduzione) dei grandi autori americani; durante la sua brillante carriera di traduttrice (il primo romanzo che ha tradotto è stato Le correzioni di Jonathan Franzen!), e ancora tutta da scrivere vista la giovane età, ha tradotto, oltre a Jonathan Franzen, tra gli altri, Shirley Jackson, Alice Munro, Don DeLillo, ecc., nonché, appunto, Ernest Hemingway.
Conclude il primo capitolo, viste le due donne traduttrici protagoniste di questo elaborato, un excursus sulle donne e l’attività di traduzione.

ii. Il secondo capitolo si concentra sulla teoria della traduzione e della ritraduzione, con l’obiettivo di definire, attraverso le parole di traduttori, autori, teorici della traduzione, traduttologi e critici della traduzione le motivazioni alla base della necessità di ritradurre un testo, soprattutto letterario. A partire dall’ipotesi della ritraduzione, verrà esplorato il significato di traduzione ‘alla lettera’, alla ricerca di quegli elementi ‘indicibili’ che hanno reso grandi quelle rare traduzioni capaci di affrontare, inscalfibili, l’inesorabile passare del tempo.

iii. Il terzo capitolo fa riferimento al capitolo II per rilevare le sostanziali differenze fra le due traduzioni, partendo dal lessico – soprattutto il lessico relativo alla fauna marina, che, insieme a quello tecnicospecialistico della pesca, caratterizza l’opera di Hemingway qui presa in esame – rilevando le omissioni, gli eventuali errori di traduzione, e come questi siano stati rispettivamente colmati e corretti nella nuova traduzione. Il capitolo è introdotto da una presentazione del lavoro di traduzione svolto sulla ritraduzione de Il vecchio e il mare da parte della traduttrice Silvia Pareschi, che, come scrive lei stessa nella postfazione alla nuova edizione, intitolata Di fronte all’Iceberg, ha dovuto immergersi nelle profondità del mare per esplorare l’iceberg Hemingwayano, vale a dire per rilevare tutti quegli elementi sommersi che risultano determinanti affinché il traduttore possa redigere una traduzione ‘consapevole’.

Infine, obiettivo della mia tesi è definire in che modo la nuova traduzione possa ritenersi un’operazione ‘necessaria’ in un’ottica non di ‘rimpiazzo’ di una traduzione con una nuova, bensì quale passaggio reso necessario da quell’«insoddisfazione ermeneutica» che pervade – più di altri ambiti – il campo della traduzione letteraria e, insomma, dal fatto che nessuna (o quasi) traduzione possa considerarsi «la traduzione» e che nessuna , dunque, si sostituisce definitivamente a un’altra.

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