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La mediazione linguistica e culturale in azienda e nel marketing

Mediazione Linguistica
  • 02 Aug 2023

Tesi di: Martina Tamborrino

Lo scopo della presente tesi è quello di dimostrare come la mediazione linguistica ed interculturale sia fondamentale nell’ambito del lavoro in azienda e nel marketing, volendo dimostrare più in generale come la cultura intervenga – spesso inconsciamente – in ogni momento della vita quotidiana dell’essere umano.

Il comportamento non ha un suo opposto. In altre parole, non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento o, per dirla anche più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Ora, se si accetta che l'intero comportamento di una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di un messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.

Si potrebbe partire da queste parole dello psicologo Paul Watzlawick per parlare dell’innato bisogno dell’uomo di comunicare. La comunicazione è, in effetti, la base su cui si fondano le relazioni umane e l’immensa ampiezza del significato del termine sarà la base di questo testo.

comunicazióne s. f. [dal lat. communicatio -onis]. – 1. a. In senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri; […] b. In senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo.

Comunicare, di fatto, va oltre la semplice diffusione verbale di un messaggio: trasmettere ad altri (come da definizione riportata sopra) si può fare anche attraverso le immagini, i suoni, i colori e i gesti. Tante volte, queste forme “alternative” di comunicazioni hanno una forza maggiore di quella delle parole stesse.

È sufficiente pensare al modello 7-38-55 (che verrà approfondito più avanti in questo testo) dello psicologo statunitense Mehrabian: egli dimostrò, in seguito ad alcuni esperimenti, come gli aspetti non verbali e paraverbali della comunicazione prevalessero su quelli verbali. Sulla base dei suoi studi provò che gli aspetti non verbali (gesti, mimica facciale, atteggiamenti ecc.) incidono su più della metà del messaggio comunicativo. Con ciò non si vuole togliere valore al potere delle parole, ma sicuramente questo fa capire quanto sia importante curare ogni aspetto del proprio messaggio. Produrre messaggi comunicativi efficaci può diventare più difficile in contesti in cui i comunicatori provengono da Paesi diversi e, dunque, parlano lingue diverse e possiedono background culturali diversi.

Al di là delle mere criticità linguistiche, strettamente legate all’aspetto verbale della comunicazione, possono sorgere delle difficoltà in termini interculturali. Infatti, anche se inconsciamente, le aspettative comunicative e comportamentali dell’individuo sono influenzate dalla sua cultura di appartenenza, la quale determina altresì ciò che è considerato appropriato e ciò che non lo è.

In quest’ottica, utilizzare una lingua franca potrebbe non essere sufficiente. Per lingua franca si intende un codice che persone di lingua madre diversa utilizzano come strumento di comunicazione condiviso.

Questo, tuttavia, non toglie la possibilità di commettere errori interculturali, poiché la mentalità della persona resta legata al contesto culturale in cui la stessa si è formata.

Oggi le aziende sanno bene quanto sia fondamentale raggiungere un mercato di scala internazionale per poter essere competitivi e riuscire a conquistare il mercato di riferimento. Farsi conoscere non è mai stato così facile come lo è attualmente: grazie agli strumenti che si hanno disposizione (social media, internet, televisione, ecc.), è possibile catturare l’attenzione di potenziali clienti da tutto il mondo con più facilità.

È essenziale, però, saper comunicare con loro. Oltre alle semplici varietà linguistiche, bisogna comprendere che esistono delle differenze culturali, religiose, politiche, ecc. – talvolta profonde – che possono incidere sull’effetto del proprio messaggio.

Ogni popolazione ha una sensibilità diversa: un tema che può essere vincente in un Paese, può essere considerato un tabù in un altro; perciò, studiare il background generale di un Paese e della sua popolazione, nel rispetto dell’unicità di ognuno, è il primo passo verso la conquista di nuove clientele.

Da ciò si può dedurre che la semplice traduzione non è più sufficiente, proprio per questo si parla di “mediazione” linguistica e culturale: un mediatore conosce e rispetta ognuna delle sfaccettature citate ed è in grado di aiutare le aziende ad evitare ambiguità, imbarazzi o gaffe linguistiche che potrebbero compromettere il raggiungimento di traguardi commerciali.

Da quanto appena detto, in ambito economico, emerge la necessità di realizzare un piano di marketing che tenga conto di tutto ciò: si parla di “glocalizzazione”, la strategia che individua le caratteristiche e le necessità dei consumatori all’estero per comprendere il loro comportamento d’acquisto ed adattare il marketing mix di un’azienda di conseguenza.

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