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Comunicazione verbale e non verbale: le difficoltà dell'interprete

  • 18 Jul 2022

Tesi di: Favro Beatrice

Comunicazione verbale e non verbale: le difficoltà dell'interprete

L’argomento scelto per la stesura della mia tesi riguarda non solo la comunicazione in ambito verbale, ma anche tutti i processi coinvolti in quella non verbale. Difatti, come spesso erroneamente si pensa, un rapporto comunicativo non si instaura solo attraverso le parole, ma anche parametri che coinvolgono gli studi della cinesica, della prossemica e della paralinguistica. Nel primo capitolo, difatti, ho voluto presentare la struttura generale che costituisce un processo comunicativo. Shannon e Weaver, due ingegneri delle telecomunicazioni, furono i primi, nel XXº secolo a definirne i presupposti necessari, quali la presenza di un mittente, ovvero colui che stabilisce l’oggetto da condividere con un secondo individuo, ovvero il destinatario. Esso, per essere trasmesso, richiede la presenza di un canale di trasmissione, che codifica e decodifica il segnale, per far si che venga creato un codice comune comprensibile ad entrambe le parti. Un fattore determinante è anche la presenza di interferenze, ossia tutte quelle forze che possono ostacolare tale trasmissione.

Circa l’80% delle informazioni che giungono al cervello passano attraverso gli occhi, per questo si può constatare che è più semplice essere visti che ascoltati, difatti il cervello funziona secondo il principio della “direzionalità”, secondo il quale gli stimoli vengono prima elaborati dall’emisfero destro, il quale si occupa degli aspetti non verbali, intuitivi e delle emozioni, e poi inviati all’emisfero sinistra, che ne sintetizza il contenuto. Il corpo è fonte di molte “informazioni” involontarie quali il sudore, il tono della voce, il tremito, l’arrossire, ecc., Come ricorda l’analista bioenergetico Alexander Lowen, il corpo è come il bagaglio di tutta l’esperienza di vita di un individuo, e attraverso la sua struttura ossea e muscolare, i suoi movimenti, fluidi o rigidi che siano, esso rivela tutti i meccanismi difensivi che ha inconsciamente scelto per riuscire a superare una serie di eventi traumatici che hanno cambiato la sua vita.

A partire dagli anni '60, si è data particolare importanza alla comunicazione non verbale, oggetto di molteplici ricerche da parte di psicologi ed antropologi per riuscire a distinguere i segnali involontari trasmessi dal corpo umano, che nascondono non solo delle emozioni indesiderate, ma anche menzogne. L’uomo, per riuscire ad imporsi come membro attivo nella propria comunità e poter partecipare alla vita quotidiana, ha bisogno di un mezzo di comunicazione, efficiente ed appropriato. La lingua copre proprio questo ruolo, permettendo all’essere umano di effettuare attività di scambio, d’informazioni e di oggetti, attraverso la quale esprime la sua cultura e le sue idee, di carattere politico, religioso o sentimentale. Una lingua o un linguaggio è la capacità di associare suoni e significati attraverso regole grammaticali. L’uso delle lingue consiste nel mettere in relazione un suono con gli oggetti e i concetti della realtà.

La lingua come mezzo di comunicazione possiede delle dimensioni: la sintassi e la semantica. È di credenza comune pensare che durante un processo comunicativo, gli aspetti verbali possano avere un primato su quelli non verbali, ma nel 1971, Albert Mehrabian, condusse uno studio, che verrà poi denominato come “Modello del 55, 38, 7”, secondo il quale gran parte del contenuto comunicativo viene trasmesso non verbalmente, ma attraverso il linguaggio del corpo e dagli aspetti paraverbali, quali il ritmo, il tono, il timbro della voce. Un componente estremamente interessante ed anche difficile da studiare del sistema cinesico è la mimica facciale, la quale fu suddivisa in due categorie da Paul Ekman: macroespressioni, espressioni che durano un tempo sufficiente per essere riconosciute, e microespressioni, che durano fino ad 1/25esimo di secondo.

All’interno degli ultimi capitoli è mia premura definire le difficoltà a cui va incontro un mediatore interculturale durante il suo lavoro, il quale deve essere in grado di agevolare la comunicazione all’interno di una dinamica, renderla coerente ed empatica. Prendono molta importanza le differenze di ogni Paese e cultura, che non si trovano solo alla base della lingua parlata, delle metafore o dei modi di dire, ma anche in tutti quei valori e meccanismi che formano la struttura fisica e comunicativa. Esistono diverse percezioni di tempo, problemi di gerarchia, di status e rispetto. La figura dell’interprete ricopre un ruolo centrale, non sbilanciato, ma equilibrato tra le parti, l’obiettivo primario non è giudicare, ma comprendere, non convincere, ma proporre.