Tesi di: Simona Cantoni
Cosa si intende per linguaggio cinematografico?
Il cinema è un mezzo di espressione artistica, e come tale ha un linguaggio proprio, diverso da quello teatrale o letterario. Trovare un proprio linguaggio specifico ha segnato la storia del cinema fino a oggi. Si è sviluppato a poco a poco a partire dagli ultimi anni del 19° secolo, finendo con l’essere definito come il nuovo mezzo di espressione. Pier Paolo Pasolini, infatti, usava il cinema per raccontare la vita senza però allontanarsi da essa, e svelare la realtà con la realtà stessa. Quella che si riteneva essere un’invenzione senza futuro, diventò da qui la “settima arte”.
Per capire al meglio cosa si intende con linguaggio cinematografico dobbiamo tornare alle origini e studiare l’evoluzione del cinema stesso, vedere come le cose sono cambiate e progredite. Dal cinema classico al postmoderno, dalla narrazione al punto di vista, dalle inquadrature alle osservazioni sul colore, dal lavoro dell’attore al linguaggio del corpo. Vedremo come la musica, ha sviluppato sempre più un ruolo preponderante nella comunicazione filmica, così come il rumore.
In generale, le tre principali stagioni cinematografiche che ci servono per capire l’evoluzione del linguaggio filmico sono: il cinema classico, il cinema moderno e il cinema postmoderno. È vero che queste stagioni hanno una loro collocazione storica ben precisa, ma vanno concepite come vere e proprie idee di cinema che possono coesistere in uno stesso periodo.
Il cinema classico, anche chiamato “età d’oro di Hollywood”, assume un ruolo dominante fra la metà degli anni Dieci e l’inizio degli anni Sessanta. L’obiettivo fondamentale è quello di spingere lo spettatore a immedesimarsi nella storia, identificandosi con i personaggi vivendo le loro emozioni in prima persona. Ciò che dà davvero inizio a questa epoca è il bisogno di dare un senso alla narrazione, infatti, il personaggio (o eroe) si muove verso la conquista di un fine già chiaramente stabilito. Inoltre, per la prima volta, si parla di grammatica del cinema.
Anche gli spettatori, quindi, iniziano a capire la differenza simbolica tra l’uso di una dissolvenza piuttosto che un taglio. La musica, infine, sosteneva con forza il crescendo narrativo delle varie situazioni drammatiche, ma senza disturbare troppo.
Il cinema moderno nasce alla fine degli anni Cinquanta, e il passaggio da quello classico è un processo lungo, favorito da diversi fattori come le trasformazioni nello scenario sociale a causa della seconda guerra mondiale. Al contrario del cinema classico, quello moderno rende lo spettatore consapevole del proprio ruolo di spettatore e lo spinge a un rapporto critico col film, non cercando di farlo immedesimare nelle storie ed emozioni dei personaggi, ma tenendo una certa distanza critica.
I protagonisti non sono più eroi, al contrario sono molto spesso personaggi problematici e incerti, il cui fine tende a essere vago e raggiunto senza particolare determinazione. Anche il suono tende ad assumere una maggiore indipendenza e libertà rispetto alla successione delle immagini. Il cinema postmoderno, invece, almeno secondo alcuni, inizia a farsi strada intorno alla fine degli anni Settanta, con Guerre Stellari, Star Wars di George Lucas, 1977.
È la stagione cinematografica più vicina a noi e sembra voler recuperare il coinvolgimento dello spettatore, soprattutto sul piano sensoriale, dal cinema classico e un rinnovamento del linguaggio dal cinema moderno.
Grazie all’arrivo e all’uso del digitale, il cinema postmoderno è spettacolo a 360 gradi. Racconta storie intense, spesso complicando la struttura narrativa giocando con i diversi stadi di realtà.
Non ci si preoccupa più di far credere allo spettatore che quello che sta succedendo sia realtà, si mira innanzitutto a fare spettacolo. Le immagini si adeguano alla musica e al suono, che diventa forte e rumoroso e tende a travolgere lo spettatore in un frenetico gioco di emozioni e sensazioni.
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